La pittura è il suo linguaggio e sulla tela trovano spazio i temi ma anche la visione e le immagini del mondo che l’autore elabora. Celestina Salemi - pittrice palermitana
protagonista della nuova mostra promossa dalla Provincia regionale di Palermo per il ciclo di appuntamenti con l’arte nella gallerie private della città - rivela una notevole coerenza espressiva e stilistica ed un percorso artistico degno di nota.
Emerge dalle sue opere una energia vitale che conferisce forma e sostanza ai soggetti ritratti, molti di ispirazione sacra, altri “rapiti” dal quotidiano, e, specialmente, le figure femminili. Colpisce la carica emotiva dirompente, ma non per questo confusa o indisciplinata, che Salemi sa contenere ed esprimere in modo significativo.
L’Amministrazione di Palazzo Comitini invita ancora una volta il pubblico di tutto il
territorio ad ascoltare la voce del talento e a conoscere un’artista siciliana che con
passione ha saputo costruire uno stile originale e un percorso creativo. È questo il comune denominatore che unisce i nomi e le esperienze che la Provincia
vuole proporre con questo ciclo di esposizioni: il coraggio della creatività, al di sopra della fama e del prestigio fine a se stesso. L’autenticità di una pittura libera che può bastare a se stessa.


Giovanni Avanti
Presidente Provincia Regionale di Palermo

Celeste ha sempre avuto a che fare con l’arte e con la pittura: l’ha insegnata per anni.
Ma il suo bisogno profondo era di praticarla, di tenere in mano colori e pennelli e abbandonarsi alle sue emozioni. Così, lasciata la scuola da docente, vi è rientrata da allieva, all’Accademia, e qua ha appreso meglio tecniche e sottili accorgimenti e ha cominciato a dipingere prima su modelli familiari, con scelte figurative di perfetto realismo, poi l’esercizio ha cominciato a farle trovare un percorso più suo, più personale, in cui comunque la intrigava il colore, da sempre preminente nei suoi dipinti. Colore che oggi è diventato materico, plastico nella sua pittura, teso a evidenziarne il volume, una pittura che lei stessa ama definire “iperrealismo materico” e che, se da un lato si mantiene fedele alla rappresentazione del reale, dall’altro cerca nella matericità la possibilità di imboccare una strada nuova, in cui veramente la sua ars pingendi possa affermarsi ed essere solo se stessa. La costanza nell’esercizio quotidiano, come ad ogni bravo artista, non le manca, dipinge molto, non nel senso della quantità, ma della ricerca di perfezione, dei tentativi di modificare e variare il proprio punto di vista, le proprie modalità formali e
cromatiche, le proprie scelte figurative. In questo senso il cammino che ha davanti promette percorsi di continua maturazione e di soddisfacenti sviluppi.

 

Anna Maria Ruta

Da questa piccola persona la sua poetica pittorica scaturisce come un vulcano in eruzione.


Franco Nocera

Armata di colle, specchi e pietrisco Celeste Salemi raccoglie e ricompone la materia fluida, i frammenti taglienti della propria memoria. Tramite la fotografia, falcia il reale ogni qual volta questo punge la sua interiorità. L’uso della fotografia e la meticolosità della resa pittorica rimandano all’opera dei grandi maestri del realismo e a quella novecentesca degli iperrealisti americani. Tale riferimento evidente si sostanzia, tuttavia, di un’essenza profondamente femminile. All’analisi ed alla riflessione l’artista affianca, infatti, l’intuizione e l’emozione. I momenti e i volti che hanno avuto o hanno un valore essenziale nella sua vita interiore, vengono prima sottratti al tempo grazie al mezzo fotografico, per poi essere rielaborati soggettivamente sulla tela grazie ad una miscela di oli dai colori intensi, specchio di
un’interiorità vibrante.

Attraverso l’uso di colori innaturali voglio che emerga la vera realtà, quella che io sento essere la realtà. Il colore mi serve per far vibrare la tela delle mie emozioni… L’immagine fotografica è bidimensionale, con il mio pennello colorato io sfondo questa bidimensionalità.

I soggetti rappresentati perdono in tal modo la loro appartenenza al mondo fenomenico, per essere proiettati in un’atmosfera da sogno. L’evocazione precisa dell’insieme e del dettaglio serve dunque a rendere tangibile, palpabile, il mondo non obiettivo del ricordo e delle risonanze interiori.

Attraverso la pittura dimentico la realtà, immergendomi in un mondo sublimato che è il mio universo interiore.
Col tempo mi sono resa conto di non poter far nulla per combattere quello che non mi va nella società e l’immersione nel mio mondo incantato, pieno di personaggi femminili, mi rasserena. Lo so che è un’illusione, tutti i miei quadri sono un’illusione. Il mio dissenso lo esprimo tramite questo isolamento.
Le donne che rappresento sono la mia realtà, la mia isola.

In Le mani di Lia, uno dei suoi ultimi autoritratti, l’artista si rappresenta in un momento intimo di sospensione spazio-temporale. Due mani sorgono in uno spazio mosso da vortici di un rosso vaporoso e sensuale. Solitarie e forti, affondano il corpo dell’artista nel liquido denso e cangiante della sua interiorità. La spinta prodigiosa di una sensualità rinnovata diventa un modo per entrare in contatto con la propria anima, lontano dai turbini destabilizzanti delle proprie pulsioni. Nell’aria, satura di vapori densi, i capelli ondeggiano ancora come fiammelle, ma le labbra si schiudono languide e le emanazioni di una ritrovata serenità interiore rilucono sulla
pelle azzurra.
Colore prediletto da romantici e simbolisti, l’azzurro è un tono cromatico carico di valenze simboliche che ritorna in numerosi dipinti della Salemi. Nella poetica delle corrispondenze, il colore del cielo e dell’oceano traduce l’ansia di libertà e serenità interiore, quella stessa ansia che divora l’artista nella danza monotona, a tratti violenta, della quotidianità.
Il 2004 è l’anno in cui Celeste Salemi decide di consacrare la sua vita alla pittura, via di fuga e sublimazione delle pulsioni latenti del suo spirito.

Il 2004 fu un anno davvero duro. Nel giro di qualche mese perdetti Clara, la mia più grande amica, e mia zia Letizia, sentita come una mamma dopo la morte della mia vera madre. […] Le mie giornate erano scandite da cadenze regolari: mi alzavo alle otto, riordinavo, andavo a scuola, rientravo a casa per preparare il pranzo, mi coricavo per la siesta, nel pomeriggio la spesa, la cena, la televisione e poi tutti a letto per ricominciare l’indomani tutto di nuovo. […] Tutto era nero, i colori svaniti, la gioia delle piccole cose quotidiane perduta. In un lampo ho capito che piangevo, piangevo ogni giorno lacrime calde, lacrime di fuoco che bruciavano il mio animo, non un pianto liberatorio, ma un pianto silenzioso ed asciutto […] La pittura mi ha salvato da un crollo inevitabile. […] È una vera e propria malattia. Passo ore davanti il cavalletto e ogni quadro è come se fosse il primo, ogni tela è un nuovo mondo da esplorare, ogni lavoro è l'inizio di quello successivo; è un rimettersi in gioco quotidianamente, è dannarsi se ciò che la mano crea non si avvicina a ciò che la mente impone. […] È una strada dura e difficile, che mi ha obbligata ad isolarmi e ad allontanare quanto prima era di primaria importanza. […] La morte di Clara non la supererò mai, ma il dipingere mi ha aiutato a non sprofondare in un abisso. Ho pianto Clara solo quando
finalmente, in piena notte, l'ho ritratta.

Primo lavoro importante è un ritratto a gessetto di Clara, al quale segue una vera e propria stagione di ritratti, a gessetto, poi ad olio, che costituiscono le pagine di un album di famiglia. La tecnica raffigurativa è un accuratissimo trompe l’oeil, sebbene gli sfondi evanescenti ed alcuni accorgimenti stilistici tradiscano già la volontà di andare oltre. Col tempo, infatti, la superficie della tela si arricchisce di una dimensione tattile, grazie all’uso di materiali diversi. Elementi preziosi o semplicemente vistosi si inseriscono nella trama del dipinto in
innumerevoli motivi decorativi.

Risale ai primi anni di collegio il senso di solitudine che ha accompagnato la mia vita. Sin da piccolina, la notte ho sempre avuto problemi a prender sonno; la mia mente, allora, vagava e si perdeva in fantasticherie. Pensavo, ricordavo, rielaboravo e […] scivolavo nell’inquietudine. […] Il buio era qualcosa di denso, palpabile e avvolgente come il velluto; una materia fluida e appiccicosa che mi avviluppava, mi soffocava. Era qualcosa di viscido che penetrava in tutti i miei pori: negli anfratti, nel naso, nelle orecchie, in bocca; si concentrava in gola
e mi soffocava.

Il nero asfissiante di un’infanzia di solitudine ed abbandono spesso tornerà, nel corso degli anni, ad oscurare e frammentare la sua realtà. Al contrario, nel suo universo artificiale, apollineo ed iridescente, non ci sarà spazio per offuscamenti e tremori. La scelta degli oggetti da inserire nei dipinti non è casuale: è la rifrazione della luce che interessa l’artista, una luce atta a riflettere i lampi interiori, gli slanci emotivi, utile allo sfondamento del reale. La sabbia ed i frammenti luminescenti formano concrezioni di materia che ispessiscono la trama pittorica, dando corpo ad un’interiorità debordante, che si fa dura come crosta e spinge da dietro a tela.Le opere presenti in mostra appartengono a questo secondo periodo dell’arte di Celeste Salemi, in cui i soggetti si fanno esclusivamente femminili. La pittura inizia ad essere vissuta come un modo per affermare il proprio concetto di femminilità, una femminilità al contempo melanconica e guerriera. L’autoritratto La vittoria sembra quasi un’allegoria della melancholia, lo stato d’animo d’angoscia e travaglio interiore, la bile nera che, secondo gli alchimisti, rappresentava il primo gradino verso la conoscenza, verso la vittoria dello spirito sul corpo. La donna alata in cui Salemi si trasfigura ha la testa appoggiata ad una mano, lo sguardo assorto; sulla sinistra, un paio di forbici si spezzano urtando contro le sue ali screziate. L’immagine si fa simbolo del legame tra creatività e melanconia. L’artista ritrae il proprio spirito guerriero, reduce di una battaglia vittoriosa contro la propria depressione e contro chi abbia tentato di opporsi a tale percorso interiore.

Mia madre era una sconfitta, una perdente. Mi aveva abbandonata, non mi aveva capita, mi aveva più volte offesa. Io lotto contro la depressione che faceva parte di mia madre, lotto per vincere; lei ha smesso troppo presto. Parlava di un destino amaro, non mi ha mai fatto sentire sua. […] Eppure ora mi manca. Ora la sento
seduta accanto a me e cerco con tutto il mio operato la sua approvazione. Le parlo e le chiedo perdono.

I nodi irrisolti di una relazione passionale con la madre causeranno, nel corso degli anni, non pochi crolli psichici. L’artista li affronterà facendo della metamorfosi la propria arma interiore e della pittura un mezzo per penetrare e comprendere le contraddizioni della propria femminilità e di quella materna.

 

Roberta Trapani

 

 

 

ARTICOLO APPARSO SULLA RIVISTA “ANTEPRIMA”

Magazine di cultura, turismo e spettacolo

Anno III numero VI – Dicembre 2008 – mensile

 

 

FINO AL 5 DICEMBRE FRAMMENTI DELL'ESSERE

di Celestina Salemi

Galleria Agorà, Palermo  

da martedì a sabato dalle 16.30 alle 19.30  

Ingresso gratuito .

 

 Celeste Salemi vive e lavora a Palermo, sua città natale. Le sue opere sono specchio di un'emotività debordante e frutto di un percorso artistico  insolito. Iscrittasi all'Accademia di Belle Arti di Palermo nel 1968, all'età di 18 anni, la Salemi abbandona dopo pochi anni l'espressione artistica. Vi ritornerà nel 2004 quando sceglierà di fare del mondo della pittura il proprio universo.

Con il passare del tempo, l'iperrealismo fotografico delle prime opere si evolve in rielaborazioni del reale cariche di lirismo. Pietre dure, brillantini, pietrisco e vetri fanno il loro ingresso nella tela, facendola vibrare, torturandola.  

Gli oli dai colori intensi ed irreali, gli audaci tagli prospettici, proiettano i soggetti ritratti in realtà oniriche.  

La mostra, promossa dalla Provincia regionale di Palermo, è a cura di Roberta Trapani.

In catalogo, i testi critici di Anna Maria Ruta, Franco Nocera e Roberta Trapani.

 

 

 

 

Comunica. Web.IT           

mercoledì 3 dicembre 2009   

CULTURA & SPETTACOLO www.comunicaweb.it

Mostra all'Agorà di Palermo

L'anima di Celestina Salemi in diciassette opere

PALERMO. Femminili e familiari i soggetti realizzati con minuzie iperrealiste e tracce di volumi materici. Così l'intraprendente e passionale Celestina Salemi si è presentata al pubblico nella sua personale "Frammenti dell'essere" che si è inaugurata il 21 Novembre nella Galleria Agorà - Spazio contemporaneo di Palermo.
La mostra si può visitare fino a venerdì dalle 16,30 alle 19,30. La personale viene allestita grazie ad un'iniziativa della Provincia regionale di Palermo per il ciclo di appuntamenti con l'arte nelle gallerie private della città.

Sono diciassette le opere esposte: oli su tela, colle, specchi, pietrisco, cementite, vetro di materiali utilizzati, con i quali l'artista ha cercato di sintetizzare al meglio sensazioni, proporzioni, idee del proprio vivere quotidiano. Una carrellata di immagini che suscita emozioni, e che spingono il cuore e la testa negli angoli più reconditi della mente.

Dopo aver frequentato Architettura e aver insegnato per anni storia dell'arte, Celestina Salemi torna al suo primo amore, l'accademia di Belle Arti, dove ritrova lo slancio creativo che le permetterà di maturare con passione il suo linguaggio figurativo.
Celestina sposa l'idea del reale con interventi materici forti, capaci di concretizzare sogni e riflessioni. Il cammino di questa pittrice palermitana passa sempre e comunque dall'analisi del mondo e di se stessa in quanto rappresentazione unica e più importante. 


                                                                           Melania Merlo

 

VITTORIA
VITTORIA

Obra de Celeste Salemi/ Poema de Rafael Sandiego

Las Mujeres también tenemos Alas

Publicado el abril 10, 2009

 

No hay tijera que pueda cortar mis sueños
ni ofensa que pueda apagar mi pensamiento
pensamiento Divino, porque soy perfecta.

Doy la vida, la mantengo , la sostengo
aunque creas que me sometes... tu... hombre
con lo tuyo, te lo hago creer,ja ja ja ja

hombre que no sabes de las cosas que pienso
porque tu eres muy carnal, muy terreno
y yo, de alma blanca soy paciente contigo

soy la dueña de tu tierra y de la tierra
soy la patrona, sacerdotiza de la
religión del amor y del amar

Tu solo piensas en una sola cosa
solo quieres una sola cosa
tu ves el ahorita y yo... el infinito

Recuérdalo, para siempre,
que te amaré en todo momento
por eso, piensa conmigo:

Ten la idea que tienes poder infinito
ten la idea de que otro tiene poder infinito
ten la idea de que otros tienen poder infinito

ten la idea de que puedes causar
en ti mismo, tener poder infinito
por que si no, ¿como lo podrás tener?

Ah! y no no te olvides,
que las mujeres,
también tenemos alas....

TI RICORDI DI ME
TI RICORDI DI ME

 

Comentario por Rafael Sandiego el agosto 2, 2009 a las 2:58am

¿Te acuerdas de mi?

fuí tu cálido verano
cual paja al viento
fuí tu esperaznza
fuego tibio, mojado

en el azúl de la noche
fuí tu cielo de besos
liana entre tus brazos
pétalo escondido

¿te acuerdas de mi?

soy la que extendió
las alas y voló en tus
sueños escondidos
descubiertos
por mis labios,

tu amor palpitante
en cada recuerdo
en cada suspiro
en cada momento

junto a ti
palpito tu regreso
lejos o adentro
no me olvides...

porque yo,
te recuerdo siempre

ARTICOLO PUBBLICATO NELLA RIVISTA “NUOVO DOSSIER”

Anno V – N°16   Settembre – Ottobre 2007

 

 

Una piccola stanza che si apre su un giardino, un caos di oggetti e colori: così si presenta l’atelier della pittrice Celeste Salemi. Affissi alle pareti vi sono dipinti piccoli e grandi, realizzati con le tecniche più svariate, ma tutti accomunati da una presenza costante: lo sguardo. In questo piccolo ambiente pieno di ricordi numerosi volti ammiccano dal bianco delle pareti. I volti che l’artista ritrae, con cura quasi fiamminga, sono quelli delle figure che hanno avuto un valore essenziale nella sua vita.

Spicca subito un grande gessetto (Francesco, 2006), dai toni chiari e dall’impalpabile trama pittorica: si tratta di un volto maschile sorpreso in primissimo piano e reso con una tecnica accuratissima che rende l’opera quasi un ritratto fotografico. Ma l’inganno percettivo, con cui l’artista ama giocare in ognuno dei suoi lavori, dura un attimo: tra il folto della barba si nasconde il gioco stilistico. La resa pittorica dei riccioli, infatti, si differenzia in maniera sostanziale da quella del resto del volto: il tocco qui si fa quasi impressionista, entrando in gioco con l’iper-realismo della pelle descritta nelle sue più sottili imperfezioni.

Nata a Palermo nel 1950, Celeste Salemi compie i suoi primissimi studi in un collegio presso Anagni, lontana dal fratello, più giovane di un anno, e dalla madre, rimasta vedova dopo quattro anni di matrimonio. Tornata a Palermo inizia sin da giovane a dedicarsi all’arte, supportata dagli studi compiuti presso il liceo artistico. Lo stile a cui approderà negli anni ‘70 sarà quello della pop-art: una pennellata piatta ed un uso modulato, ma anche esplosivo, dei colori connoteranno questa sua prima produzione. Inattese difficoltà – in particolare la perdita della madre nel 1975 - saranno tuttavia causa di sconvolgimenti emotivi e di scelte esistenziali che la allontaneranno per circa trent’anni dalla pittura.

Un’esistenza trascorsa seguendo le spinte di un impetuoso amore per la vita e per la libertà individuale, percorsa da improvvise esplosioni e necessarie ma dolorose metamorfosi.

È nel 2005 che, mossa dalla necessità di trovare un nuovo ordine, un nuovo senso a tutto, Celeste Salemi ristorna all’espressione artistica. I primi soggetti sono tratti da un album intimo: la pittura come mezzo per dotare la memoria di una membrana coriacea, resistente agli attacchi del tempo. I volti ritratti vivono sereni, in una calma surreale che non teme la morte fisica né quella memoriale. Ma la realtà spesso violenta il sogno e la serenità raggiunta si rivela instabile e fragile. Ai lavori degli inizi, per lo più gessetti dai toni pastello, seguono oli dai toni cupi in cui emerge una combattività latente. L’ironia può essere un modo per farsi beffa del reale, prendendo coscienza di esso, appropriandosi delle sue regole, per poi stravolgerle e vincere la sua univocità.

In La rompipalle (2006) l’artista sfida, con un sorriso mordace, il dolore di Courbet, reso folle dalla realtà dei suoi tempi, come se il presente, dal volto di donna, annunciasse l’arrivo di un’imminente sventura per gli uomini, nel campo delle arti come nella quotidianità della vita vissuta: la rivalsa delle donne. Stravolgendo il dipinto di Courbet l’artista lancia dunque la sua sfida ad un mondo in cui la voce femminile sembra aver trovato la sua giusta intonazione, ma che in realtà, in molti casi ancora, altro non è che un sibilo rauco. Alle donne è da sempre stato accordato il diritto degli oggetti: che gli oggetti entrino nel dipinto allora, rendendolo altro da sé, come in un gioco. Pietre dure, brillantini, pietrisco e vetri entrano con la loro presenza materica, facendo vibrare o torturando la tela e donando alla tecnica ad olio, dominata con una perizia insolita per una artista recente, una vita più gaia, meno pretenziosa.

Celeste Salemi è un’artista ancora giovane, ma la sua carica emotiva e la sua incessante smania sperimentale, specchio di un’inquietudine volontariamente irrisolta, così come l’amore per le tecniche tradizionali, ripercorse con un interesse vivo ma sempre e comunque critico, rendono la sua arte un nastro sospeso tra passato e presente, in un universo artistico in cui il trionfo della tecnologia e dello sbigottimento effimero sembrano voler stendere un sudario sull’arte della tavolozza e del gesto.

 

                                                                                                                         Roberta Trapani

 

LO SGUARDO CHE RACCONTA

La vita emozionale è come sostanza allo stato fluido, ora di lava ora di ghiaccio, che scuote o sovrasta, bloccando. È specchio di una realtà spesso incomunicabile, che si muove con tempi e attraverso spazi “altri”.  La morte fisica non è che un’ombra sottile per chi vive la propria interiorità come unica realtà portatrice di significato. Ma la vita emozionale si disperde in una continua metamorfosi e i ricordi, un tempo vividi, si sgranano come vecchie polaroid abbandonate sotto una luce tagliente.

La perdita del ricordo è la morte della vita emozionale: per evitare il suo declino si può forse tentare di dare ad esso una forma che non si sgretoli col tempo, una forma che può essere soffice come pelle o pungente come un sorriso. Gli occhi che si aprono nel ricordo, colmi di momenti che si condensano in un unico sguardo, possono rivivere e non abbandonare mai.

L’atelier di Celestina Salemi (1950) si riempie di sguardi. I suoi ricordi sono affissi alle pareti e vivono sereni in una calma surreale che non teme la morte fisica né quella memoriale.

Un’infanzia segnata dalla perdita, un’esistenza trascorsa seguendo le spinte di un impetuoso amore per la vita e per la libertà individuale, percorsa da improvvise esplosioni e necessarie, ma dolorose metamorfosi. Il bisogno di bloccare il flusso, di trovare un nuovo ordine, un nuovo senso a tutto, conducono Celestina Salemi all’espressione artistica, dopo una prima esperienza pop degli anni sessanta, seguita da una lunga pausa. I primi soggetti sono tratti da un album intimo, dai colori impalpabili del sogno e dalla lucentezza delle lacrime, che l’artista rende attraverso gessetti dai toni pastello, in cui la realtà si dondola stuzzicata da piccole distorsioni. La resa fotografica è solo un inganno: dietro la minuzia fiamminga si nasconde l’immaginazione, in una barba che diventa nuvola, in un volto che, non più volto, si fa corolla di mimosa, in un paio di occhiali rosso-sangue come lo sguardo che dovrebbero nascondere.

Ma la serenità dura un attimo, la realtà violenta il sogno. L’ironia può essere un modo per prendersi gioco del reale, prendendo coscienza di esso, appropriandosi delle sue regole, per poi stravolgerle e vincere la sua univocità.

Con un sorrisetto fiero ed impertinente l’artista sfida il dolore di Courbet, reso folle dalla realtà dei suoi tempi, come se il presente, dal volto di donna, annunciasse l’arrivo di un’imminente sventura per gli uomini, nel campo delle arti come nella quotidianità della vita vissuta: la rivalsa delle donne. Stravolgendo il dipinto di Courbet l’artista lancia dunque la sua sfida ad un mondo in cui la voce femminile sembra aver trovato la sua giusta intonazione, ma che in realtà, in molti casi ancora, altro non è che un sibilo rauco.

Alle donne è da sempre stato accordato il diritto degli oggetti: che gli oggetti entrino nel dipinto allora, rendendolo altro da sé, come in un gioco. Pietre dure, brillantini, pietrisco e vetri entrano con la loro presenza materica, facendo vibrare o torturando la tela e donando alla tecnica ad olio, dominata con una perizia insolita per una artista recente, una vita più gaia, meno pretenziosa.

Celestina Salemi è un’artista ancora giovane, ma la sua carica emotiva e la sua incessante smania sperimentale, specchio di un’inquietudine volontariamente irrisolta, così come l’amore per le tecniche tradizionali, ripercorse con un interesse vivo ma sempre e comunque critico, rendono la sua arte un nastro sospeso tra passato e presente, in un universo artistico in cui il trionfo della tecnologia e dello sbigottimento effimero sembrano voler stendere un sudario sull’arte della tavolozza e del gesto.

                               Roberta Trapani

LUCE
LUCE

 

 

 

Notiziagiornale di sicilia” quotidiano d’informazione 28 novembre 2009

Notizia di Pittorica numero: 2088 del 09/12/2009

Notizia di Repubblica Hobby, musica, collezioni, oggetti e animali : Arte

Data annuncio 05-12-2009 ID annuncio 2856942

ITALIA  EVENTTI DEL I9/12/2009

 

Ancora una volta la pittrice
CELESTINA SALEMI
si propone alla sua amata

Palermo.

Ancora  una volta con il suo inconfondibile stile che va dal realismo all'iperrealismo, dal surreale al concettuale, dal materico al simbolismo pittorico, propone una serie di opere sul tema "SIMBOLI DEL  MEDITERRANEI" inserendosi nella rassegna STANZE DI ARTISTI, presso il  Centro Culturale BIOTOS, che nell'ambito di una tematica comune vuole  dare spazio al singolo pittore, libero di esprimere la propria personalità in una "stanza" tutta sua.

L'evento aprirà le porte il 9 Dicembre 2009 alle ore 19,00, curato da LAURA BICA


CENTRO CULTURALE BIOTOS
VIA XII GENNAIO 2 - Palermo
La mostra resterà aperta fino al 19 di Dicembre 2009 -
da martedì a sabato 10.00-12.00/17.00-19.00, domenica 17,30-20,00